La Brigata ebraica nella liberazione dell’Italia

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Alfonsine: Soldati della brigata ebraica su un carro Churchill (Iwm - Wikimedia commons)
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La Brigata ebraica (Jewish Infantry Brigade Group in inglese), è stato uno dei reparti che ha contribuito alla liberazione dell’Italia. Ebbe un ruolo fondamentale anche per assistere gli italiani di religione ebraica negli ultimi giorni di guerra e nei primi mesi dopo la liberazione. Promosse attivamente anche l’emigrazione verso la Palestina, nonostante le restrizioni britanniche. I militari della Jewish Brigade la chiamavano Chativah Yehudith Lochemeth (Forza di combattimento ebraica); furono incorporati nell’esercito britannico nel settembre 1944, reclutati tra ebrei Yishuv dalla Palestina mandataria e comandati da ufficiali anglo-ebrei.

La costituzione della Brigata ebraica

Campagna di Reclutamento per la Brigata ebraica (Israel government press office - Wikimedia commons)

La campagna di reclutamento a Tel Aviv (Israel government press office – Wikimedia commons)

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, e nonostante le difficoltà di rapporto con il Regno Unito, Chaim Weizmann, presidente dell’Organizzazione sionista mondiale, offrì al governo britannico la piena collaborazione della comunità ebraica in Palestina mandataria. Weizmann cercò di stabilire una formazione di combattenti ebraicamente identificabile all’interno dell’esercito britannico. Gli inglesi sulle prime autorizzarono l’arruolamento di volontari del mandato britannico di Palestina nel Corpo di servizio dell’esercito reale e nel Corpo dei pionieri, a condizione che fosse accettato un numero uguale di ebrei e arabi. Dopo i primi esperimenti, non troppo riusciti, dal 1942 risultarono formate un gran numero di ulteriori unità miste arabo-ebraiche, un servizio territoriale ausiliario femminile, un servizio aeronautico territoriale femminile e vari servizi ausiliari nelle unità locali del Corpo di ordigni dell’esercito reale, quello degli ingegneri reali e il corpo medico della Royal Army. Nove compagnie di fanteria non da combattimento furono anche radunate come parte del Royal East Kent Regiment, per essere usate come guardie per i campi di prigionieri di guerra in Egitto. Ancora non vi era alcuna formazione completamente ebraica combattente; gli inglesi continuavano a negare ogni autorizzazione a creare gruppi di combattimento formati da ebrei. Le cose cambiarono due anni dopo; nell’agosto del 1944, Winston Churchill accettò finalmente la formazione di una Brigata ebraica. La brigata venne costituita il 20 settembre 1944. I soldati provenivano dai territori che successivamente sarebbero diventati lo stato di Israele e gli ebrei che erano già inseriti nel Palestine Regiment nato nel 1941 quando l’avanzata di Erwin Rommel, che pareva inarrestabile, costrinse gli inglesi alla mobilitazione di tutte le forze disponibili. Nel reparto entrarono anche gli ebrei del British Commonwealth in particolare da Canada, Sudafrica e Australia), e successivamente anche ebrei russi e polacchi. Il comandante era il brigadier generale canadese Ernest Frank Benjamin.

Il 1° battaglione della brigata in parata (Iwm - Wikimedia commons)

Il 1° battaglione della brigata in parata (Iwm – Wikimedia commons)

In Italia il battesimo del fuoco della Brigata ebraica

I militari della brigata ebraica, come molti commilitoni del Commonwealth, vennero addestrati in Egitto, poi furono inviati in Italia per combattere contro tedeschi e fascisti. Sbarcati a Taranto, la Brigata fu inquadrata nel X Corpo dell’VIII Armata Britannica, comandata dal generale Richard McCreery. I soldati entrarono in linea dal 3 marzo 1945 vicino ad Alfonsine, sul fiume Lamone, il 3 aprile 1945 a Brisighella fu loro consegnata la bandiera di combattimento azzurro-bianco-azzurro con la stella di David al centro.

La brigata ebraica durante la campagna d'Italia (yadvashem.org)

La brigata ebraica durante la campagna d’Italia (yadvashem.org)

La Brigata combatté con le proprie insegne a fianco di unità italiane e polacche (3ª divisione di fanteria del II Corpo polacco). Prese parte ai combattimenti di Alfonsine (19 e 20 marzo 1945), poi venne trasferita più a sud di fronte a Cuffiano (sulle prime pendici dell’Appennino). Il 27 marzo combatté al fianco del Gruppo di Combattimento Friuli contro la IV Divisione Paracadutisti del Reich. Il 9 e 10 aprile 1945 partecipò alla Battaglia dei tre fiumi assieme alle forze alleate, con le quali fu protagonista dello sfondamento della Linea Gotica. Dopo questi scontri la brigata venne messa a riposo, La sua 643rd (Palestine) Field Company, Royal Engineers venne assegnata insieme ai genieri britannici alla costruzione di un ponte sul fiume Po nel settore della VIII armata britannica. Alla fine della guerra, 30 furono i caduti, che si trovano sepolti nel cimitero di Piangipane gestito dal Commonwealth war graves commission; 70 invece i feriti.

Un regalo per Hitler (WIkimedia commons - Joseph Wald)

Un regalo per Hitler (WIkimedia commons – Joseph Wald)

Il contributo in battaglia della Brigata Ebraica fu importante nella liberazione dell’Emilia Romagna. Per lo sfondamento della linea Gotica nella valle del Senio, nella zona di Imola, i militari della Jewish Brigade ottennero una vittoria con un assalto frontale a baionetta sguainata tra i pochi dell’intera campagna d’Italia.

Gli ebrei italiani furono molto attivi nei vari movimenti antifascisti; molti furono inviati al confino (Carlo Levi, Raffaele Cantoni, Vittorio Foa, Emilio Sereni, Umberto Terracini, ecc.), altri furono torturati ed assassinati (i fratelli Carlo e Nello Rosselli, Leone Ginzburg, Matilde Bassani, Mario Jacchia, Eugenio Curiel, Eugenio Colorni, Emanuele Artom, Ildebrando Vivanti, Enzo Sereni, Rita Rosani, Riccardo Pacifici, Nathan Cassuto, ecc.). Delle migliaia di ebrei italiani deportati lager nazi-fascisti pochissimi ritornano nelle loro case. Alla fine del 1945, quando l’Italia riscopriva la libertà e la democrazia, la piccolissima Comunità Ebraica Italiana (circa 41.000 persone al momento del censimento delle famigerate leggi razziali del 1938), iniziava a contare le sue vittime: 7049 furono i morti, tra i quali i 77 ebrei uccisi alle Fosse Ardeatine insieme ad altri 258 italiani ed alle migliaia di uomini, donne e bambini assassinati nei campi di sterminio nazi-fascisti.

La Brigata ebraica dopo la guerra

Alla fine della guerra, la Brigata Ebraica venne trasferita a Tarvisio. Una posizione strategica, perché era il punto d’arrivo dei sopravvissuti italiani ai campi di sterminio e alla barbarie nazi-fascista.

Un soldato della brigata si occupa dei bambini con le infermiere dell'Agenzia Ebraica a Firenze (National Photo Collection of Israel - Wikimedia commons)

Un soldato della brigata si occupa dei bambini con le infermiere dell’Agenzia Ebraica a Firenze (National Photo Collection of Israel – Wikimedia commons)

Contemporaneamente, i membri più attivi furono inviati in tutte le nazioni europee per aiutare le popolazioni ebraiche a ritrovare una vita. In modo particolare furono impegnati nell’opera di assistenza agli orfani ed agli ebrei che scelsero di andare a vivere in Israele. Già durante il periodo bellico, a fianco del ruolo militare, la brigata ebraica svolse, a livello assolutamente spontaneo, anche un importante compito civile a favore soprattutto delle comunità ebraiche liberate, sconvolte dalla guerra e dalla persecuzione nazifascista (aiuto ai sopravvissuti, accoglienza dei minori rimasti orfani e riunificazione delle famiglie disperse). Soprattutto dai porti della Liguria (in particolare Vado) fin dai primi giorni dopo la liberazione, era cominciato un movimento di navi (in molti casi precarie) appositamente trasformate per un viaggio in genere di sola andata verso la Palestina del mandato britannico. A Milano, in via Cantù 5, presso i locali del club della Brigata ebraica, si installò un vero e proprio ufficio fantasma di emigrazione, diretto da Jehudah Arazi, dal quale nel 1945-46 passarono migliaia di profughi diretti in Palestina, attraverso i porti italiani. A Selvino nelle Prealpi bergamasche nell’ex-colonia fascista di Sciesopoli fu aperto un centro di accoglienza per circa 800 bambini ebrei orfani sopravvissuti all’Olocausto (i cosiddetti Bambini di Selvino), per prepararli all’emigrazione in Israele. A Magenta fu presa in affitto una fattoria semidistrutta che serviva come campo di addestramento sia militare sia al lavoro agricolo per i profughi validi. A Firenze nella sinagoga si dava alloggio ugualmente ai bambini sopravvissuti ai campi di sterminio.

La caccia ai nazisti

Nelle settimane immediatamente successive alla fine della guerra, all’interno della brigata venne costituito il gruppo clandestino Tilhas Tizig Gesheften, comunemente noto con le sue iniziali TTG e tradotto “leccami il sedere”. Con il pretesto dell’attività militare britannica, questo gruppo è stato coinvolto nell’assassinio di nazisti, che tentavano la fuga attraverso le ratline, così erano chiamati i canali usati per lasciare la Germania e muoversi verso l’America del Sud. Uno dei passaggi era sicuramente quello italiano. Con la Brigata ebraica opeeravano anche gruppi di sopravvissuti all’Olocausto; formavano squadre note come Nakam, allo scopo di rintracciare e uccidere ex ufficiali appartenenti a SS e Wehrmacht che avevano partecipato ad atrocità contro ebrei europei. Le informazioni relative al luogo in cui si trovavano questi fuggitivi venivano raccolte torturando i nazisti incarcerati o da documenti militari. Le uniformi britanniche, la documentazione militare, le attrezzature e i veicoli utilizzati dai veterani della Brigata ebraica contribuirono notevolmente al successo dei Nokmim, che in base ad alcuni documenti dell’epoca avrebbero raggiunto e ucciso 1.500 ex nazisti.

Manifesto di reclutamento per la brigata ebraica (National Photo Collection of Israel - Wikimedia commons)

Manifesto di reclutamento per la brigata ebraica (National Photo Collection of Israel – Wikimedia commons)

Ma questa giustizia sommaria, oltre all’attività di emigrazione clandestina, non poteva passare inosservata. La Brigata venne in contrasto con i comandi britannici. L’unità fu trasferita, nell’ambito delle forze di occupazione alleate, in Belgio e Paesi Bassi, infine smobilitata nel luglio del 1946 per ordine del governo britannico, anche per le crescenti tensioni che si registravano in Medio Oriente. I soldati della brigata ebrea, approfittarono del caos che era l’Europa nei giorni successivi alla liberazione per spostare i sopravvissuti dell’Olocausto tra paesi e oltre confine. I soldati furono intenzionalmente collocati nei punti di trasferimento e valichi di frontiera per assistere gli ebrei sfollati. Usavano i loro veicoli dell’esercito britannico per trasportare i sopravvissuti (fino a un migliaio di persone alla volta) in convogli di camion a Pontebba, il deposito motore della brigata. Questi trasporti segreti arrivavano generalmente alle 2 o alle 3 del mattino, ad accogliere gli sfollati c’era sempre un soldato o un ufficiale. A tutti fu data una visita medica, un posto per dormire e vestiti puliti; e nel giro di pochi giorni i rifugiati erano pronti a salpare per la Palestina mandataria. Si stima che la Brigata ebraica abbia contribuito al trasferimento, tra il 1945 e il 1948, di circa 20mila sfollati ebrei.

La città di Ravenna il 15 maggio 1995 ha ricordato i 45 caduti ebrei per la liberazione della città con una lapide. Il 3 ottobre 2018 per volere del presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella dopo il voto unanime del Parlamento, la Brigata Ebraica è stata insignita della Medaglia d’oro al valor militare per il suo contributo durante la Resistenza italiana.

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Seconda guerra
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