Immersione sul relitto del Sebastiano Veniero

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I palombari del Gos e di nave Anteo hanno effettuato un’immersione sul relitto del sommergibile Sebastiano Veniero. ​Il Sebastiano Veniero era un sommergibile di media crociera, appartenente alla classe Barbarigo, della lunghezza di 67 metri che entrò in servizio alcuni mesi dopo la fine del primo conflitto mondiale.  Impiegato esclusivamente in attività addestrativa, il 24 agosto 1925 salpò da Portoferraio (Isola d’Elba) al comando del capitano di fregata Paolo Vandone per prendere parte ad un’esercitazione aeronavale, coordinata dalla Regia Marina e dalla Regia Aeronautica.  Il sommergibile si sarebbe dovuto disporre, in agguato, tra Capo Passero e Capo Murro di Porco (SR), ma affondò in quell’area il 26 agosto a seguito di una collisione accidentale col piroscafo Capena.  Nella tragedia persero la vita i 48 membri dell’equipaggio che, ancora oggi, sono custoditi all’interno dello scafo.

Solo nel 1967 Enzo Maiorca, il noto recordman italiano per le immersioni in apnea, prese a cuore le sorti di un relitto di sommergibile di cui nessuno aveva mai scoperto il nome. Così dopo numerose immersioni ed instancabili ricerche storiche, nel 1978 riuscì a riconoscere in quelle lamiere ormai corrose dal tempo il Sebastiano Veniero, come lui stesso raccontò nel libro “L’ultima immersione – Il ritrovamento del sommergibile Veniero”.

Per non dimenticare il sacrificio di questi marinai e ricordare Enzo Maiorca a un anno dalla sua scomparsa, il Gruppo Operativo Subacquei e Nave Anteo hanno condotto un’immersione con la tecnica della Saturazione sulla verticale del relitto, congiuntamente a Patrizia Maiorca e al personale della Soprintendenza del mare della Regione Sicilia.   L’attività subacquea, oltre a far memoria dei caduti del mare attraverso la deposizione di una corona che è stata adagiata sulla torretta del Veniero, ha permesso di controllarne lo stato di conservazione.
Con le immersioni in saturazione la Marina Militare può raggiungere la profondità di 250 metri, con escursioni fino a 300 metri, ma soprattutto può effettuare importanti lavori subacquei che richiedano un tempo molto prolungato sul fondo.  Per poter condurre tali operazioni occorre creare un microclima artificiale, a base di elio, dove vivono per più giorni gli operatori subacquei, raggiungendo così la “saturazione” dei loro tessuti e consentendo di non avere limiti temporali alla quota di lavoro.

(fotogallery Marina Militare)

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