“Chi salva una vita salva il mondo intero”

8 years fa scritto da
Gino Bartali
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ArmyMag ha deciso di celebrare il giorno della Memoria
ricordando la figura di un fiorentino illustre che ha
onorato la sua terra con le vittorie sportive, ma
soprattutto con il suo grande cuore generoso.
Gino Bartali, campione di ciclismo, dal ’43 al ’44
indossò la divisa della Guardia Nazionale repubblicana
ma durante i suoi allenamenti, nella canna della bici,
nascondeva documenti falsificati per salvare gli ebrei
dalla deportazione.

gino bartali in divisa

(foto Wikipedia)

Nascondeva i documenti nella bicicletta. E in un’Italia dilaniata dalla guerra civile, occupata dai nazisti, Gino Bartali sfruttava la sua fama di campione internazionale per trasportare da una parte all’altra della Toscana documenti falsi per salvare gli ebrei dalla deportazione. E così nel 2013, lo Yad Vashem, ente nazionale di Israele per la memoria della Shoah, ha riconosciuto Gino Bartali come Giusto tra le Nazioni; un riconoscimento postumo, del quale il campione toscano sarebbe andato fiero nonostante la sua scarsa inclinazione alle celebrazioni.

«Bartali – si legge nella motivazione ufficiale dello Yad Vashem – fu un campione di ciclismo (vinse tre Giri d’Italia e due Tour de France) e una figura pubblica molto amata; durante l’occupazione nazista dell’Italia lui , devoto cattolico, fece parte di una organizzazione per il salvataggio di ebrei organizzata dal Rabbino Nathan Cassuto e dall’Arcivescovo di Firenze, cardinale Elia Angelo Dalla Costa (che era già stato riconosciuto Giusto tra le Nazioni). Questa rete ebraico-cristiana nata in seguito all’occupazione Tedesca e all’inizio della deportazione, salvò centinaia di ebrei Italiani ed ebrei rifugiati giunti da territori che erano stati posti sotto il controllo italiano, soprattutto dalla Francia e dalla Jugoslavia».

Gino Bartali aveva il ruolo del corriere, nascondendo documenti e carte nella sua bicicletta e trasportandoli tra una città e l’altra, mentre si allenava. Consapevole di rischiare la vita, Bartali consegnò documenti falsi a molte persone, tra cui il Rabbino Cassuto. Non aveva mai parlato di questa sua ‘missione’. Non sarà dimenticato, ‘Ginettaccio’ come lo chiamavano affettuosamente i suoi conterranei fiorentini. Lui che con le sue vittorie era diventato un’icona per il regime fascista, ma che di quel regime non aveva mai voluto sapere.

 

L’olocausto

Gino Bartali, scomparso nel 2000, nel giorno del suo 85° compleanno con la moglie (foto Fotocronache/Riccardo Germogli)

Nel 1933, la popolazione ebraica in Europa era costituita da circa nove milioni di persone. La maggior parte viveva in quelle nazioni che, durante la Seconda Guerra Mondiale, sarebbero state occupate dalla Germania Nazista, o ne avrebbero subito l’influenza. Prima che la guerra giungesse al termine, nell’aprile del 1945, due Ebrei su tre sarebbero morti per mano dei Tedeschi e dei loro fiancheggiatori, nell’ambito della cosiddetta “Soluzione Finale”, termine usato dai Nazisti per indicare l’assassinio degli Ebrei d’Europa. Anche se gli Ebrei – considerati dai Tedeschi la maggiore minaccia per la Germania – furono le vittime principali del razzismo nazista, l’elenco dei morti incluse anche 200.000 Rom, mentre almeno 200.000 pazienti fisicamente o mentalmente inabili – la maggior parte dei quali di nazionalità tedesca – trovarono la morte all’interno di ospedali e strutture pubbliche, a seguito del cosiddetto “Programma Eutanasia”.

Già nei primi anni del Regime Nazista, Hitler aveva realizzato i campi di concentramento con il fine di imprigionare veri o presunti oppositori politici. Negli anni immediatamente precedenti la Seconda Guerra Mondiale, il numero di Ebrei, di Rom e di altre vittime dell’odio razziale, imprigionate nei campi di concentramento dalle SS e dalla polizia, crebbe costantemente. Al fine di concentrare la popolazione ebraica – e poterla così controllare e deportare con maggiore facilità – durante gli anni di guerra i Tedeschi e i loro collaboratori crearono appositi ghetti, nonché campi cosiddetti di transito e altri destinati al lavoro forzato.

Negli ultimi mesi della guerra, nel tentativo di impedire agli Alleati la liberazione di un elevato numero di prigionieri, guardie appartenenti alle SS cominciarono a trasferire i detenuti dai campi, con l’ausilio o di convogli ferroviari o di marce forzate; queste ultime divennero poi note con il termine “marce della morte”.

Nel periodo immediatamente successivo all’Olocausto, molti dei sopravvissuti trovarono rifugio nei campi profughi allestiti dalle potenze alleate. Tra il 1948 e il 1951, quasi 700.000 Ebrei emigrarono in Israele, inclusi 136.000 profughi provenienti dall’Europa. Altri emigrarono negli Stati Uniti e in altre nazioni. L’ultimo campo profughi venne chiuso nel 1957. I crimini commessi durante l’Olocausto devastarono la maggior parte delle comunità ebraiche d’Europa e ne eliminarono completamente altre centinaia che risiedevano nella parte orientale occupata dai tedeschi.

 

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Seconda guerra · Storia
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