Le armi della seconda guerra mondiale: lo Sten

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Il rombo di un aereo nel cuore della notte. Ci sono i partigiani ad aspettarlo completamente al buio nella radura al margine del bosco. Quando il rumore si avvicina accendono una lampada di segnalazione. Dal velivolo viene lanciato un contenitore d’alluminio, che scende lentamente col paracadute fino a terra. Ci sono pochi secondi per intercettare il carico, prima che i tedeschi muovano gli uomini. Medicinali, scarpe, soldi, cibo e soprattutto armi per proseguire la battaglia. Una scena consueta nella seconda guerra mondiale. Francia o Italia non importa. La Resistenza aspettava quei lanci perché erano come l’acqua nel deserto. E l’arma più utilizzata per questo genere di rifornimento era lo Sten.

Letale

Un mitra anche brutto a vedersi, ma letale sulla corta distanza. Chi aveva imparato a ‘domarlo’ sapeva che le sbandate dell’arma durante la raffica potevano essere micidiali in spazi stretti ad alta concentrazione di nemici.

L’arma che possiamo ammirare nelle foto, nella disponibilità dell’armeria Traxarm di Vincenzo di Domenico di Biancavilla, è un MK II. Si tratta della variante prodotta in maggior numero di esemplari, circa 2 milioni di pezzi. Rispetto all’MK I, la canna e il manicotto sono accorciati; modificata la forma della manetta d’armamento e semplificato il calcio, che può essere di parecchi tipi, intercambiabili tra loro. Il bocchettone del caricatore dello Sten Mk II può essere ruotato, cosicché il suo manicotto di supporto funziona come coperchio di protezione delle feritoie di alimentazione e di espulsione. Venne prodotto anche in Canada dall’arsenale di Long Branch, e le armi canadesi si differenziano per avere il calcio a stampella monotrave dell’ Mk.I, anziché trapezoidale come negli Mk II prodotti in Inghilterra.

Ne sono stati costruiti quasi tre milioni di esemplari in sei versioni diverse (contiamo di presentarle in articoli successivi).   Mitra a canna corta in calibro 9, col classico caricatore laterale da 32 colpi e un semplice calcio in acciaio nelle prime versioni, in legno in quelle più evolute. Un’arma economica, all’epoca ogni pezzo costava solo 9 dollari, e facile da produrre.

La storia

Nacque dopo la tremenda sconfitta inglese a Dunkerque. Una ritirata tragica quella delle truppe di sua Maestà, nella quale si persero non solo moltissime armi, ma anche tante sicurezze relativamente alle modalità di combattimento. I generali inglesi pensavano ancora che il buon vecchio Lee Enfield in calibro 303, abbinato all’addestramento dei fucilieri dell’esercito, sarebbe stato in grado di tenere testa alle truppe tedesche. Ma l’impatto con la cadenza di fuoco delle MP40 fu devastante. Si decise di correre ai ripari acquistando dagli stati uniti il mitragliatore americano Thompson, che però era molto costoso e aveva tempi di consegna lunghi (messi ancora più a rischio dagli U-Boot che come lupi cacciavano nell’Atlantico).

E così fu commissionata alla Royal Small Arms Factory la realizzazione di una pistola mitragliatrice semplice, economica e rapida da produrre. In effetti il progettista dello Sten rispetto alla grande le richieste dei generali britannici: l’arma è composta di pochi pezzi, tutti realizzati per stampaggio e uniti da saldatura a elettrodo. E anche nelle versioni successive alla MKI, la prima uscita dalla linea, si lavorò per semplificare al massimo la produzione che fu ridotta a sole 5 ore a esemplare.

Fu battezzato ‘Sten’ mettendo insieme le iniziali dei cognomi dei suoi disegnatori maggiore Reginald Shepherd e Harold Turpin con Enfield, la località della fabbrica. Fu un’arma incredibile rispetto al rapporto costi/prestazioni. Il calibro 9×19 mm parabellum gli dava sufficiente potere d’arresto. In più era davvero facile da usare. In pratica un tubo d’acciaio brunito, all’interno del quale è inserito l’otturatore in acciaio e la molla di recupero. Canna a incastro nel ricevitore, fissata dal manicotto di chiusura a vite, a sua volta bloccato da un semplice pulsante a molla. La scatola di scatto era saldata di fronte al ponticello del grilletto e il calcio a stampella era smontabile. L’ingresso del caricatore era saldato sul lato sinistro (dalla MKII si poteva ruotare verso il basso per facilitare il trasporto).

Pregi e difetti

Fu distribuito ai soldati britannici nella metà del 1941, ma non brillò per popolarità. Tendeva a incepparsi se impugnato nel modo più intuitivo, ossia con la mano sinistra sul caricatore (nei manuali di uso si indicava di impugnarlo per il manicotto che avvolgeva la canna, che però tendeva a scaldarsi rapidamente); in più c’era il rischio di spari accidentali in caso di urti violenti. I soldati inglesi e canadesi lo consideravano inaffidabile e inutile oltre i 100 metri e gli preferivano il fucile Enfield. Era apprezzato invece da chi doveva combattere ‘sullo stretto’: paracadutisti e carristi in particolare. Non fu troppo amato dai Commandos; potendo scegliere le loro armi, preferirono sempre il Thompson. Anche i partigiani francesi preferivano impadronirsi di qualche MP40 sottratta ai tedeschi o dei MAB agli   italiani. Quando c’era però da occultare un’arma, lo Sten non aveva rivali: semplicissimo da usare, facile da smontare e pulire, leggero, compatto, si occultava praticamente dappertutto e permetteva un volume di fuoco devastante.

Fu utilizzato anche dai soldati della RSI, che ne catturarono diversi esemplari destinati alla resistenza, e copiato dai tedeschi, che nel 1945 produssero un’arma per la Volkssturm, chiamandola MP 3008 che era praticamente una copia, ma utilizzava i serbatoi della MP.40. E’ sopravvissuto dopo la II guerra mondiale, utilizzato da vari eserciti in tutto il mondo.

 

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Sistemi d'arma
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