PPS-43, le armi della II guerra mondiale

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PPS-43: essenziale, efficace, letale. Tra le pistole mistragliatrici russe della II guerra mondiale, la PPS-43 è stata forse quella più longeva, usata dai carristi e da alcune forze di polizia come arma automatica fin quasi agli anni ’90. E nei fatti la PPS-43 (in russo: ППС – Пистолет-пулемёт Судаева – Pistolet-pulemyot Sudaëva, “pistola mitragliatrice Sudaëv”) realizzata in calibro 7,62 × 25 mm Tokarev nacque durante la Seconda guerra mondiale sotto l’assedio tedesco di Leningrado, grazie al progetto di Alexei Sudaëv come armi da difesa, per i carristi o reparti di pattuglia. Non un’arma singola ma una vera e propria famiglia con diverse versioni

La storia della PPS-43

Il progetto della PPS-43 è del 1942. Un anno difficile per l’armata rossa che stava subendo l’offensiva dell’Asse. In quei mesi di intensi combattimenti e assedi emerse chiara l’esigenza di trovare un’alternativa al PPSh-41, ottimo ma costoso e piuttosto ingombrante come dimensioni.
Serviva un’arma compatta, e più economica che potesse essere usata anche da personale non addestrato. Un’arma automatica con funzionamento a massa battente, con caricatore ad astuccio curvo bifilare, calcio ripiegabile a stampella al posto di quello in legno e impugnatura a pistola.
Alexei Sudaëv prese in mano il progetto, e avviò il ciclo produttivo. La catena di montaggio doveva essere semplice e consentire produzioni rapide.  Anche semplici officine meccaniche avrebbero potuto assemblare e produrre le armi, senza bisogno di attrezzature particolari. Proprio per questo molti componenti erano in metallo stampato. Le migliorie ridussero il tempo di lavorazione da 7,3 ore (PPSh-41) ad appena 2,7 ore; lo spreco di acciaio veniva ridotto del 50%, con una quantità totale di metallo grezzo pari a 6,2 kg (contro i 13,9 necessari in precedenza). Secondo le stime del governo sovietico le semplificazioni avrebbero permesso un incremento della produzione mensile di mitra da 135.000 unità a ben 350.000.
I primi prototipi videro la luce nella primavera del 1942, successivamente vennero introdotte alcune modifiche per rafforzare la struttura dell’arma, che risultava piuttosto fragile. Il 28 luglio 1942, l’arma venne presentata al Comitato per la difesa nazionale per l’approvazione; entrò in servizio come PPS-42. Già durante l’assedio di Leningrado erano disponibili alcuni esemplari, ma l’arma entrò in produzione su larga scala solo nei primi mesi del 1943 nell’arsenale di Sestroretsk, in cui vennero prodotte oltre 45.000 pistole mitragliatrici prima del rimpiazzo con il PPS-43. L’esemplare della Gallery, nella disponibilità di Vincenzo Di Domenico Di Biancavilla di Traxarm, è stato prodotto proprio nel 43 nell’arsenale di Leningrado

Il PPS-43 utilizzato anche dai tedeschi

Fino alla fine del guerra vennero prodotti circa 2.000.000 di PPS-43. A causa del grande numero di pistole mitragliatrici con cui l’Unione Sovietica si ritrovò subito dopo la guerra, la produzione di PPS cessò immediatamente nel 1946. L’arma fu apprezzata tanto dai suoi utilizzatori quanto dagli avversari. i tedeschi utilizzarono tutti gli esemplari che riuscirono a catturare.
I finlandesi produssero una copia quasi identica denominata KP m/44, camerata per il calibro 9 × 19 Parabellum. Negli ultimi due anni di guerra, Sudaëv continuò i suoi “esperimenti”: sei dei suoi prototipi, tutti progettati tra il 1944 e il 1945, sono stati ritrovati nel Museo Storico dell’Artiglieria. I cambiamenti riguardano in particolare forma e peso, ma si riscontrano differenze per quanto riguardano calci in legno fissi o baionette ripiegabili.
Il PPS-43 rimase in servizio nelle forze sovietiche fino alla metà degli anni ’50. Gli ultimi ad abbandonarlo furono i carristi e la fanteria navale sovietica; nei paesi del Patto di Varsavia rimase in uso fino agli anni ‘90. Diversi esemplari della Seconda guerra mondiale finirono in Cina, e furono catturate dagli americani durante la Guerra di Corea. I cinesi fabbricarono una copia (Type 54) che venne massicciamente fornita all’esercito del Vietnam del Nord ed ai Viet Cong, nonché a un gran numero di movimenti di guerriglia e clandestini in tutto il mondo.

Tecnica costruttiva del PPS-43

Una pistola mitragliatrice a massa battente che sparava da otturatore aperto. L’otturatore cilindrico contiene anche l’estrattore a molla, con la leva di armamento saldata e solidale. La pressione del grilletto rilascia l’otturatore, che nel movimento in avanti estrae un colpo dal caricatore, lo inserisce in camera e lo esplode in un solo movimento.
I pregi sono la facilità di utilizzo, semplicità ed economia costruttiva, affidabilità; per contro un urto violento dell’arma su una superficie dura poteva causare un arretramento dell’otturatore sufficiente a comprimere la molla di recupero, ma non sufficiente però a restare agganciato dalla leva di scatto, e quindi a far partire un colpo.
Nonostante fosse progettato per la produzione in massa più semplice e rapida non si tratta di un’arma rozza tipo lo sten inglese. Ottima la meccanica interna, e la qualità dei materiali. Interessante il design che la fa apparire come un’arma più avanti rispetto a quelle coeve.
Il comportamento allo sparo è giudicato ottimo dagli esperti: il calcio ripiegabile in linea con il profilo dell’arma aiuta ad assorbire il rinculo, attutito anche dallo spegnifiamma. L’arma è stabile nel tiro a raffica e sfrutta le ottime caratteristiche del calibro impiegato, il 7,62 × 25 mm Tokarev, preciso e con una traiettoria molto tesa che permette un tiro utile fino a 200 metri. Gli organi di mira non permettono un tiro preciso a distanze lunghe, ma entro i 50 metri la balistica del PPS-43 è stata giudicata fra le migliori della sua categoria e non è da meno del più sofisticato MP 40 o del Thompson M1, ben più costoso e pesante.
Il grilletto dei PPS permetteva unicamente il fuoco automatico, con una sicura che disconnette il grilletto per prevenire spari accidentali, inserita nel ponticello del grilletto proprio davanti a quest’ultimo. L’arma era alimentata da caricatori bifilari da 35 colpi, non intercambiabili con quelli usati dal coevo PPSh-41 poiché erano a presentazione doppia (cioè su due file) anziché singola come quelli del PPSh-41. La canna dell’arma era protetta da una guardia traforata anticalore, terminante in un semplice spegnifiamma che deviava i gas verso il basso e lateralmente per ridurre il rinculo avvertito dal tiratore, fungendo da rudimentale compensatore.
L’arma aveva un calcio pieghevole a stampella, che poteva essere ripiegato al di sopra del castello. Non c’era un’impugnatura anteriore: si utilizzava per la presa l’alloggiamento del caricatore. La leva di sgancio del caricatore era di grandi dimensioni per essere comodamente azionata anche con i guanti.
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Sistemi d'arma
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